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L'immagine non vuole essere assolutamente volgare, ma bensì simbolo di una riflessione, da leggere ovviamente anche come provocazione sulla moderna situazione della ristorazione. E non solo. Per rendere maggiormente chiaro il pensiero dietro a tale considerazione, basta capire il senso dell’opera di Piero Manzoni ‘Merda d’artista’ che il maestro italiano realizzò nel 1961. Andando oltre il superficiale aspetto scandalistico suscitato alla sua presentazione, diverse sono le interpretazioni che si possono dare: in un senso profondamente ironico, un artista di indubbia fama, affermato e di successo, troverebbe consenso per qualsiasi opera creata, anche se banale e ancor più scadente. Inoltre, il mercato dell’arte contemporanea sarebbe pronto ad accettare qualsiasi cosa, purché in edizione limitata e numerata, a garanzia di autenticità ed esclusività.

Anche il ready made ideato dal dadaista Marcel Duchamp nei primi anni del 900 in qualche modo può essere interprete di tale riflessione. Nel ready made, infatti, un comune manufatto di uso quotidiano può assumere il ruolo di opera d’arte una volta che l’artista lo reinserisce in un contesto diverso dal suo normale utilizzo: ciò che trasforma l’oggetto ordinario in prodotto artistico è il ruolo dell’artista riconosciuto dal pubblico.

Quindi?! Qual è il punto?! Beh, oggi viviamo in una situazione in cui si è profondamente radicato il concetto che alcuni personaggi della ristorazione possono permettersi tutto solo perché la loro credibilità è inattaccabile. Ovvero, qualsiasi cosa loro facciano, assume un valore più alto di quello che magari effettivamente ha. Tale provocazione, però, non vuole essere assolutamente una generalizzazione, tanto meno vuole sentenziare su nomi e cognomi, ma vuole semplicemente condividere un’opinione sicuramente soggettiva, ma comunque condivisibile e affermabile. Questo auto permissivismo, però, va ben oltre la cucina e coinvolge anche il servizio, l’ambiente e la professionalità in tutte le sue applicazioni nel mondo del fuori casa. Ed è questo il punto: l’assenza di professionalità che condiziona ogni scelta, tranne quella dei prezzi. Insomma, capita di vivere situazioni in cui il tutto non rappresenta un pensiero coerente che evidenzia impegno e serietà. Troppo spesso l’attenzione è rivolta al menù, ad impressionare attraverso i piatti, i vini o i drink, ma il resto passa molte volte in secondo piano. Il che vanifica ogni sensazione positiva. La capacità di creare un’esperienza completa e multisensoriale non è da tutti, serve competenza, preparazione e abilità. Altre volte, invece, è l’immagine a sopraffare, le luci accecano e troppa bigiotteria brilla. Manca l’armonia o si esagera con l’impatto scenico: troppi estremi e nessun equilibrio.

Quando si varca la soglia di un locale si hanno delle aspettative. Aspettative dettate non solo dalle personali esigenze, ma anche dai messaggi, diretti e indiretti, che il locale stesso manda attraverso differenti canali comunicativi, esterni e interni. Capita, però, che tali messaggi siano come il canto delle sirene! Innanzitutto si va al ristorante per provare un’esperienza gastronomica, certo! E il prezzo deve essere in linea con la qualità della materia prima. Dopo tale soglia, man mano che i prezzi salgono, ci deve essere in proporzione un valore aggiunto che trasforma l’esperienza gastronomica in quanto tale, in un’esperienza in cui tutti i sensi vengano eccitati e soddisfatti. Dalla scelta del tovagliato, delle porcellane e dei cristalli al servizio e alla preparazione del personale. Dall’accoglienza alla gestione degli spazi in sala fino alla toilette. Dalla scelta della musica e delle luci agli arredi e suppellettili. Tutto deve essere in armonia e tutto deve essere commisurato al prezzo finale. Fare questo mestiere è come usare una vecchia bilancia a due bracci: non ci deve mai essere un difetto nei confronti di quello che gli ospiti mettono sul loro piatto. Altre situazioni, invece, vedono circondare coloro che si accomodano esclusivamente di design per creare un contenitore d’impatto ad un contenuto mediocre. E di esempi di disequilibrio a tavola ce ne possono essere ancora molti. Ma in un locale ‘alla moda’ ce lo possiamo aspettare, visto che appunto vende innanzitutto ‘tendenza e novità’. In quelli riconosciuti dalle più note guide, questo è inammissibile!! Cavalcare una menzione per fare cassa non solo non è serio e professionale, ma lede all’immagine, al valore e all’anima della gastronomia e dell’ospitalità.

Quindi… per concludere provocatoriamente…

Credo avesse ragione Piero Manzoni con la sua opera…