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Mixinnovation: RGmania intervista i professionisti della mixology sul futuro del bartending

Il mestiere del bartender riscuote sempre molto successo: molti vogliono imparare, ma la direzione non è sempre quella giusta. Nelle interviste di RGmania i consigli di chi la miscelazione la conosce davvero.

Cos’è la miscelazione oggi? Quali sono le tendenze nel mondo del bar?

Per aiutarci a rispondere meglio a questi interrogativi, RGmania ha chiesto l’aiuto di alcuni amici, non solo personalità di grande esperienza del mondo del bar, ma anche professionisti che hanno arricchito il nostro lavoro con un punto di vista differente.

Il primo contributo è quello di Francesco Pierluigi, titolare di Drinkable Berebeneovunque, che si occupa di bar service. “La miscelazione oggi è un copia e incolla di barman che hanno fatto da apripista e che ormai tutti cercano di imitare – rivela Francesco Pierluigi –. Negli ultimi anni la miscelazione ha guadagnato molto in termini di competenza ma ha perso in quella che è sempre stata la pietra miliare italiana: l’ospitalità”. E per quanto riguarda i nuovi trend… “Senza dubbio sta aumentando la richiesta di cocktail a base di tequila quando ci occupiamo di servizi di catering. Il gin ha vissuto, e sta ancora vivendo, l’apice della sua notorietà, ma credo che il suo declino fisiologico non si farà attendere”.

Il secondo contributo che abbiamo chiesto è stato quello di Francesco Pirineo, advocacy manager e brand ambassador di Compagnia dei Caraibi. “Il progresso, l’arricchimento, che investe ogni settore, coinvolge anche quello del bar – afferma Francesco Pirineo –. Basti guardare l’utilizzo sempre più diffuso dell’evaporatore rotante, di nuove tecniche come la cucina liquida e quelle mutuate da altri settori come la biologia e la chimica. Non solo, anche lo show fa la sua parte. Ormai non si tratta più solo di versare un martini ma si utilizza il throwing, come fa Agostino Perrone, per ammaliare il cliente. Questa evoluzione corrisponde però anche a un approccio più leggero e meno professionale di una percentuale dei barman, che non sempre investono tempo ad acquisire le conoscenze necessarie per utilizzare i prodotti e le tecniche più innovative. L’attenzione, la professionalità e la formazione devono rimanere i capisaldi del nostro settore, che purtroppo non ha ancora effettuato quel passaggio generazionale tra la vecchia guardia e le nuove leve”.

 

 

Dopo Francesco, è la volta di Samuele Ambrosi, fondatore del Cloakroom Cocktail Lab e del CloakStudios, un incubatore di risorse umane per il mondo del bartending. “Il mondo della miscelazione ha vissuto un’evoluzione e una crescita maggiori negli ultimi dieci anni più che negli ultimi cento, quindi non posso che ammettere che questo è il momento storico migliore per potersi approcciare all'arte della mixology – spiega Samuele Ambrosi –. D’altra parte manca però la pazienza dell’apprendimento, dell’investimento umano su un maestro. Parlo della necessità di formarsi, di affiancarsi a una personalità competente che dia delle basi solide non solo sulle tecniche ma anche sulla gestione di un locale. Bisognerebbe rinunciare a lavorare subito in un noto locale che fa curriculum per farsi le ossa sul campo, dove ci si può realmente calare nel lavoro dietro il bancone, come avviene in cucina. Dare quindi l’importanza che merita al percorso formativo”.

Da ultimo, ma non per importanza, abbiamo chiesto il punto di vista di Dario Comini, che non ha bisogno di presentazioni. Giusto per correttezza possiamo dire che è il patron del Nottingham Forest di Milano, autore di diversi volumi (o meglio must have) del settore, e il precursore dei cocktail molecolari, oltre che di molto altro. Secondo Dario, il vero problema dell’epoca della miscelazione che stiamo vivendo è la superficialità. “Manca l’approfondimento. Molti ragazzi comprano i miei libri e leggono delle tecniche che utilizzo ma non le approfondiscono. Letta una ricetta e della sua realizzazione si passa subito alla successiva, senza fermarsi a comprendere di più. Quando tengo i seminari questo problema risulta molto evidente dalle domande che mi vengono poste”. Per quanto riguarda i clienti che passano al Nottingham: “Seguono molto ciò che viene proposto dalla stampa, il trend del momento. Se si affezionano al drink sono capaci di ordinarlo anche per anni, o decenni (lo dice sorridendo, ndr), ma tendono a lasciarsi influenzare dalla moda”.

 

 

La strada verso il rinnovamento della mixology

Così, dopo aver ascoltato il punto di vista di un professionista del settore ospitalità, uno del settore distribuzione, un consulente e un barman che lavora da cinquant’anni anni ogni giorno dietro il bancone, possiamo dire che a questo mondo serve un rinnovamento e una visione del futuro che tenga conto di tutti gli insegnamenti che l’ultimo secolo di miscelazione ci ha lasciato, per migliorarsi ancora di più e vivere quella spinta propulsiva indispensabile per l’avvio di una nuova era. 

 

 

Qual è lo strumento irrinunciabile del barman?

A tutti i nostri intervistati abbiamo fatto un’ultima domanda: qual è lo strumento fondamentale e irrinunciabile del barman?

Francesco Pierluigi risponde: “Senza dubbio il gallone, il più affascinante fra i prodotti da bar, che ormai pare essere inspiegabilmente scomparso”.

Francesco Pirineo afferma: “Il metal pour. Non ho nemmeno bisogno di pensarci, ne sono convinto. È uno strumento che dalla sua nascita non è mai cambiato. Certo, è migliorata la qualità dei materiali, ma è sempre rimasto lo stesso e affidabile prodotto che permette di lavorare con precisione e velocità. È un aiuto essenziale, che consente di ottimizzare le prestazioni al massimo”.

Samuele Ambrosi dice: “Il jigger, per due motivi. Il primo riguarda la vera e propria gestione amministrativa del locale: il jigger permette il controllo dei consumi, di evitare gli sprechi, di fare un confronto fra in e out, fra le bottiglie che si acquistano e quelle che si consumano. Il secondo riguarda invece l’allineamento dei sapori: se imposto una ricetta con determinati ingredienti e dosaggi, utilizzare il jigger consente di uniformarla, in modo che la ricetta risulti uguale chiunque sia dietro il bancone. Certo, il tocco finale fa la sua parte, ma il margine di differenza risulterà il minore possibile utilizzando il jigger”.

Dario Comini rivela: “Senza dubbio il frullatore a immersione. Mi permette di ossigenare, creare i frullati e i grandi classici, ma anche di creare le basi per ricette che possono essere fatte direttamente nel bicchiere. È un prodotto che mi fa sviluppare l’80% del lavoro”.

Articolo pubblicato sul numero di luglio-agosto della rivista Mixer.