| In cucina

Intervista allo chef Igor Macchia

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Il Ristorante La Credenza di San Maurizio Canavese, alle porte di Torino,  ospita una rara simbiosi culinaria, quella di due grandi chef Igor Macchia e Giovanni Grasso,che si integrano tra loro e si scambiano ruoli senza perdere mai la propria identità personale. Come ci si riesce?

 Credo che in questi casi ci voglia “intelligenza” ed umiltà da entrambe le parti, nel 2004, abbiamo preso una decisione, che si sta poi rivelando quella vincente di suddividere i ruoli all'interno del ristorante, lasciando a me la parte di gestione e sviluppo della cucina e a Giovanni quella di relazione con i clienti. Avere più frecce a disposizione nel proprio arco, credo non faccia mai male, ed i clienti si sentono rassicurati dalla presenza di un cuoco in sala.

1 Stella Michelin dal 2006 e poi tanti altri riconoscimenti dalla guida dell’Espresso a quella del Gambero Rosso, da Paolo Massobrio all’inserimento tra le “Stelle del Piemonte”  e molti premi vinti: punti d’arrivo, di partenza o cosa altro?

Per il mio carattere, abbastanza irrequieto, questi sono punti di appoggio, gratificazione e stimolo per proiettarsi verso il futuro, avendo la consapevolezza di lavorare nella giusta direzione.

Oggi in molti si riempiono la bocca di  concetti che piacciono a tanti, ma riescono a pochi: “rivisitazione della tradizione” “sperimentare senza perdita delle radici”…. Sono le frasi che leggiamo ovunque, quelle che spesso spiazzano il cliente che a volte non comprende bene come si dipana il filo conduttore di un piatto che gli viene proposto…da dove parte  e dove vuole arrivare. Quale è il tuo (il vostro)  criterio di lavoro e di scelta che fa asserire a tutti i migliori critici gastronomici che a La Credenza lo sposalizio tra rispetto del passato e sperimentazione è così felicemente riuscito?

 Sperimentare, rivisitare, modernizzare, sono tutti concetti che possono essere sviluppati e possono dare grandi soddisfazioni, dobbiamo però rimanere  legati all'idea che i piatti si dividono in due categorie, buoni e cattivi. Quando creiamo un piatto, partiamo dall'idea di base che debba essere buono e “comprensibile”, poi può essere più o meno sperimentale, più o meno rivisitato, ma il gusto rimane l'elemento portante su cui si basa la nostra cucina

Il talento da solo è sufficiente per diventare dei grandi chef ? Che peso hanno nella tua (vostra) esperienza la conoscenza tecnica, la chimica, la qualità delle attrezzature professionali, le tecnologie…. Insomma il successo è tutto “genio e sregolatezza” o  è conoscenza?

Il talento, come la tecnica e la tecnologia, sono elementi che vanno uniti insieme e coltivati, con passione ma soprattutto con umiltà e tanta voglia di mettersi in gioco. E' anche vero, però, che la nostra non e' una vita propriamente “normale”, in cui a volte non e' facile gestire “genio e sregolatezza”


Quanto conta il territorio di nascita e di operatività nelle scelte delle proposte dei menu ? So che può sembrare una domanda un po’ cretina perché la risposta più ovvia dovrebbe essere :”conta al 100%”, ma la faccio a te perché non sei uno chef  “stanziale” uno di quelli tutto casa, mercato e bottega,  al contrario sei un grandissimo viaggiatore, una persona dalla curiosità instancabile e sicuramente attratto da culture enogastronomiche molto lontane dalla nostra.Cosa riporti, se lo riporti, delle tue esperienze di viaggio nei piatti che proponi ?C’è qualche contaminazione nelle tue ricette, oppure i viaggi sono solo arricchimento personale e un impegno professionale?

 Domanda a cui e' difficile rispondere in poche righe.Il territorio e' importantissimo e le nostre radici lo sono ancora di più, ma allo stesso tempo non devono essere un ostacolo alla crescita professionale di un cuoco  o di un ristorante. Bisogna quindi esplorare, conoscere e preservare quelli che sono i nostri legami  con la nostra terra, ed allo stesso tempo guardarsi intorno, con gli occhi di chi ha l'umiltà per imparare e vedere che ci sono altre culture ed altri territori che ci possono dare qualcosa di importante. Dai miei viaggi porto in prima battuta tante esperienze umane, le contaminazioni a volte, e comunque soltanto se sono utili a migliorare la realizzazione di un piatto

La passione per il mondo della cucina cresce e cresce il numero di giovani che  “da grandi” non vogliono più fare il pompiere, l’attore o la rockstar, ma sognano di essere un grande chef.Cosa devono sapere per prima cosa se davvero vogliono intraprendere questa carriera professionale?

Che in televisione, ci vanno in pochi e che la parte più bella di questo lavoro, e' il vivere la cucina stessa, lo stress (positivo) generato da un servizio completo alla carta o un mese di dicembre vissuto a 1000 all'ora ed i rapporti interpersonali che si creano in un ambiente multiculturale quale può essere una cucina moderna. La televisione e' solo la punta di un iceberg, bello ma in grado di affondare una nave come il Titanic

Con  Giovanni Grasso avete ottenuto in un numero relativamente breve di anni un successo e un credito notevolissimo nel panorama dei nuovi grandi chef italiani.Avete un sogno, un progetto, un obiettivo in comune ?

La credenza esiste da 21 anni, quindi il tempo ha fatto il suo corso e noi ed il ristorante siamo cresciuti di pari passo, o come suona meglio oggi step by step. Acquisendo e mantenendo una certa stabilità.I progetti sono tanti ed ogni giorno, grazie ai nostri collaboratori aggiungiamo un tassello verso il prossimo passo, che e' sempre finalizzato a far vivere al cliente un'esperienza migliore. Il mondo poi, e' grande e la cucina Italiana ha sempre il suo fascino

Qual è il stato l’ultimo importante appuntamento, la manifestazione alla quale hai partecipato ?

Identità golose in cui siamo stati impegnati con la presentazione del nostro primo libro intitolato La Credenza The New Season, scritto in Italiano ed in Inglese, non un ricettario, ma un diario di viaggio, fatto di persone, emozioni e sensazioni.Nella stessa giornata Chiara Patracchini, la nostra pasticcera, che ci segue da molti anni, ha tenuto un intervento in cui ha presentato il nostro lavoro di quest'anno con il latte di capra. Ivan Onorato, altro nostro collaboratore, ed io, abbiamo preparato nel backstage gli assaggi per il pubblico. Il giorno dopo….. partenza per l'India per un viaggio a Nuova Delhi.

Se non avessi fatto lo chef, che altra professione avresti potuto intraprendere?

Per fortuna ho sempre avuto le idee abbastanza chiare sul mio futuro, se non avessi fatto il cuoco, mi sarebbe piaciuto diventare veterinario oppure Papa...... un sogno non proprio comune ma pur sempre un sogno

Sei un frequentatori dei social network ?Se qualcuno dei frequentatori di questo blog desiderasse approfondire la conoscenza come ti può contattare?

 Amo la tecnologia quindi anche i social network, che se utilizzati nel modo giusto possono  essere ottimi mezzi di comunicazione, purtroppo sono banalizzati all'ennesima potenza da troppe persone.Oltre al sito www.ristorantelacredenza.it , sono raggiungibile attraverso il mio profilo Facebook (Macchia Igor) oppure alla pagina facebook del Ristorante La credenza

 Intervista a cura di Monica Palla