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Umiltà e ispirazione: Mattia Pastori

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Trent'anni, origini pavesi, tanta esperienza e una splendida vittoria alla finale italiana di World Class 2013, eppure Mattia rimane il ragazzo di sempre, quello che ha voglia di imparare e fare, cambiare e mettersi in gioco.

Quando nasce la tua passione per il bartending e come hai capito che era la strada che volevi prendere?

Nasce grazie ai miei genitori e alla loro esperienza maturata in un piccolo bar di provincia nell’Oltrepo pavese.

Qual è stata l’esperienza più formativa in tanti anni di esperienza? E la più grande soddisfazione?

Tutte le esperienze hanno contribuito alla mia formazione, non ce n’è stata una che abbia contato più di altre. Dai miei genitori ho imparato ad approcciare i clienti, da Fabio Firmo ho acquisito la capacità di preparare cocktail, da Francesco Pierluigi l’arte del ricevere e in fine all’Armani Bamboo Bar mi sono formato dal punto di vista manageriale.

La più grande soddisfazione l’ho avuta a Beirut, dove mi ero recato come special guest, quando un cliente del Bamboo Bar, vedendo un volantino con il mio faccione, ha deciso di venire a bersi un drink.

C’è un bartender internazionale a cui ti ispiri maggiormente?

Diciamo che ce ne sono diversi, ma il nostro Dario Comini e Mr. Ago Perrone sono persone che m’ispirano molto.

Se non lavorassi in Italia, in quale altro Paese ti vedresti?

USA, sulla West Coast... preferibilmente San Diego... troppo scontato?

Dove trovi nuove idee per i tuoi cocktail e qual è il drink che preferisci realizzare?

Ispirazioni e idee arrivano dalla vita quotidiana, per esempio da una semplice passeggiata, da una gita al museo o al mercato, guardando la televisione o a cena con il migliore amico. Ogni momento è quello giusto per lasciarsi ispirare.

Hai lavorato spesso negli hotel: è l’ambiente in cui ti ritrovi maggiormente o è stata solo questione di circostanze?

Sicuramente quando ho incominciato era il tassello mancante per la mia professione: ora è il mio ambiente naturale e non penso riuscirei ad uscirne.

Sei entrato nella top 16 di World Class nel 2013: cosa è cambiato dopo questo risultato nel tuo lavoro?

Grazie al risultato ottenuto sono riuscito a viaggiare di più e a conoscere più persone, acquisendo quindi più contatti in giro per il mondo, aspetto che ritengo molto importante.

Se avessi un locale tuo, come lo immagini?

Bella domanda... Fatevi un giro al ‘Pozzo american bar’ di pavia o cercate qualche immagine su internet ed avrete davanti agli occhi il mio locale! Non dimenticatevi di aggiungere una tavola da surf o uno skate su qualche parete.

Cos’è veramente importante per un bartender al giorno d’oggi: specializzarsi, vincere gare, aver lavorato in locali importanti, essere legati a un brand, viaggiare molto, o altro?

Viaggiare molto è l’aspetto fondamentale del nostro lavoro per lingue, ispirazioni e contatti. Lavorare in locali importanti può essere d’aiuto se nel locale si è imparato qualcosa, le gare sono importanti per lo sharing con i colleghi ma non le vedo come punto fondamentale del nostro lavoro.

Di tutte le mode che si sono susseguite negli anni, ce n’è una che ti ha appassionato di più?

Diciamo che non amo le mode, ho sempre cercato di prendervi solo spunti, ma non le ho mai estremizzate. Adoro l’Italia anni ’60, i cocktail con Champagne e i grandi classici, ma utilizzarli per poi stravolgere le regole.

Progetti per il futuro?

Stay Tuned....