| In cucina

Intervista allo chef Giuliano Pellegrini

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Credo che la prima cosa che balzi all’occhio di chi entra in rapporto con Giuliano Pellegrini e con il suo ristorante Lio Pellegrini di Bergamo (nome dedicato al padre), sia che essere un famoso chef, affermato e lodato in tante guide, non sia l’unico tuo interesse. Il rapporto con l’arte, con l’architettura con la storia, sono palpabili sia fisicamente che emotivamente. Anche il cibo è cultura?

Gentile Monica ti ringrazio per questa domanda. Premetto che non sono uno chef inteso come esecutore permanente di piatti nel mio ristorante. Sovrintendo la brigata di 6 cuochi divisi tra le varie partite. Mi definirei piuttosto “oste” che a mio giudizio significa tante cose. Si, il cibo è cultura! Oggi più che mai. Il proliferare di cuochi in TV ne sono la conferma. Sebbene ci sia in quelle performace più spettacolo che cultura è vero che si toccano svariati argomenti. La ricerca, l’estro, la tecnica, la rivalutazione di ingredienti poveri o sconosciuti, qualche volta il legame con l’arte… insomma un acculturamento del cibo! Purtroppo, se mi permetti di dilungarmi, sono altresì convinto che la scatola televisiva macini e stritoli anche i buoni intendimenti culturali. Ci sono tempi stretti e dunque si deve dare maggior spazio ad uno soltanto dei cinque sensi: La vista! Pochi dei protagonisti televisivi, conduttori o attori, parlano degli altri sensi! Il cibo è soprattutto gusto, olfatto, tatto e perfino udito.

Eccellenza delle materie prime e lunga esperienza ai fornelli (pesce freschissimo, carni pregiate della Valdinievole), per offrire agli ospiti del ristorante sapori ricchi, accostamenti inediti e tuttavia puliti, precisi. Come nascono le tue ricette? Sono lungamente pensate o frutto dell’estro di un momento?

Curiosità, memoria e passione! La curiosità io credo debba essere la prima caratteristica di un bravo cuoco! La memoria, la seconda! La passione la terza! Se si riescono a trovare dentro di noi tutte insieme queste tre prerogative, possiamo seriamente pensare di essere felici del lavoro scelto! -Se siamo stati baciati dalla fortuna d’essere curiosi cercheremo sempre di informarci, conoscere, viaggiare e confrontarci col nostro lavoro. Leggere di cucina, imparare nuove metodologie di cottura o conservazione, girare il mondo, quanto possibile, ed incontrare nuove culture gastronomiche, ci permetteranno di forgiare la nostra mente alla ricerca della propria sensibilità ai fornelli. -Io credo che un bravo cuoco abbia inoltre avuto un’infanzia ed un’adolescenza felice a tavola. Qualche mamma, babbo, nonna o zia in famiglia avranno sicuramente educato le sue papille gustative! Improvvisamente, senza troppi sforzi mnemonici, ritorneranno, quasi magicamente, quei sapori ogni volta che costui si troverà tra le mani un ingrediente da manipolare tra i fornelli, una nuova ricetta da realizzare! -Ultima caratteristica, ma non per questo meno importante, la passione! E’ un duro lavoro il nostro, in particolare per le troppe ore che gli si debbono dedicare. Ma se esiste la passione nulla ci spaventa! La passione è amore, gioia e sofferenza insieme! La passione ci permette di andare oltre ogni regola e ogni ostacolo! Scusami Monica per il lungo preambolo ma volevo spiegarti bene come nascono le mie ricette e, presumibilmente, quelle di molti miei colleghi.

In tutto quello che vi circonda si respira amore per il bello e per il passato. Non importa che un oggetto sia prezioso o povero, importa che sia stato amato quando è stato scelto. Di questi oggetti, raccolti, immagino qua e là in varie occasioni, ne fate partecipi gli ospiti del locale che sicuramente apprezzeranno il clima armonioso in cui degusteranno i cibi. Come ha scritto Paolo Marchi del tuo ristorante: “Una trattoria di classe. Un locale dove si sta bene” Sembra quindi che non vi accontentiate di soddisfare alcuni dei sensi del cliente, ma che li vogliate soddisfare tutti e 5. E’ così?

Si è così! Come ti ho parlato di quanto sia importante coinvolgere i 5 sensi nella degustazione di un piatto, altrettanto cerco di fare con l’ambiente che circonda chi si siede ai nostri tavoli. Io amo moltissimo i ristoranti di design. Li frequento e scopro ogni volta quanto mestiere esista nelle mani degli architetti che li hanno realizzati! Ciò nonostante io voglio intendere un ristorante come una casa comoda, dai colori caldi, ricca di mille oggetti che via via con gli anni diventano il percorso della nostra vita! Non per questo non amo cambiare, anzi! Io stesso mi avvalgo da oltre 20 anni della collaborazione di un caro amico architetto il quale sviluppa ogni volta le mie idee rendendole corrette e gradevoli. Lui ha ormai capito che deve intervenire in maniera discreta in quanto io poi sovrapporrò al suo lavoro i miei oggetti!

Ho visto un bellissimo libretto che racconta la vostra storia. E’ realizzato con molta cura, con belle foto. E’ scritto con un linguaggio elegante che poco ha a che fare con il marketing e la pubblicità e tuttavia è un veicolo di immagine molto convincente. Che rapporto c’è tra il cibo che proponete e l’immagine del ristorante?

Vorrei ci fosse uno strettissimo rapporto! Non sempre è così! Un oggetto, un libro, una comunicazione ben fatta ed elegante rimangono piacevolmente nella memoria delle persone per qualche tempo! Il cibo non sempre ha lo stesso impatto sul pubblico! Cercare ogni giorno l’ingrediente corretto, trovare ogni giorno la stessa determinazione tra i collaboratori, comunicare al cliente il perché di una scelta piuttosto che un’altra non è altrettanto facile. Il mio ristorante esiste da circa 28 anni e non mi sono mai preoccupato dell’immagine del ristorante o del cibo. Io ho sempre inteso il mio ristorante come un luogo dove si debba trascorrere del tempo in maniera serena e piacevole. Ho sempre inteso il cibo proposto come l’espressione massima del mio sapere senza mai badare troppo ai costi per ottenere quell’espressione. Oggi, ed in particolare da un paio d’anni, c’è bisogno di comunicare e comunicare bene, di porre grande attenzione alla scelta dei collaboratori, delle materie prime, ai costi ed ai prezzi praticati. Il mio viaggio continua ma ho l’impressione a volte di trovarmi su una strada nuova, che non conosco ma che sono convinto conduca alla stessa meta della vecchia perché il bagaglio che mi porto appresso è lo stesso di sempre ed in più si appesantisce non a causa delle forze che vengono meno ma piuttosto perchè, strada facendo, raccolgo ogni giorno qualcosa!

Hai partecipato come relatore anche ad un convegno sull’obesità Promosso a Bergamo dal Dipartimento Chirurgico di Humanitas Gavazzeni. Nella costruzione di un menu, quanta parte del pensiero è dedicata anche alla proposta di un pranzo equilibrato?

Davvero tanta! Io stesso poi ho esigenze differenti di cibo rispetto a quelle di qualche anno fa! Grassi animali, aglio, cipolla, spezie…sono utilizzati in piccolissima parte! Io non accetto che un ristorante debba appesantire il mio stomaco! Io non accetto che non esista, il più delle volte, la frutta in un ristorante! Io non accetto che la friggitrice faccia parte degli strumenti di cottura… Purtroppo le persone mangiano sempre meno e sempre peggio a pranzo! La sera c’è più tempo da dedicare alla tavola ma meno per digerire! E’ dunque molto professionale porre grande attenzione alla qualità ed alla digeribilità dei cibi e dei vini. 

Lio Pellegrini esiste dall’aprile del 1984, e questo è davvero un grande risultato, un lasso di tempo che parla da solo della qualità del ristorante e del tuo personale successo. C’è mai stato un momento nel quale hai pensato che questo mestiere fosse troppo impegnativo, che forse non ne valesse la pena? C’è qualcuno che senti di ringraziare per dove sei arrivato?

Si, in una vecchia intervista chiesi, ad un caro amico giornalista, a chi mai potesse servire il mio lavoro…in caso di guerra! Rimpiangevo in quel periodo il fatto di non aver continuato gli studi iscrivendomi all’università! L’amico giornalista mi rincuorò subito! “…ma a sfamare la truppa perbacco!!” In questo anno 2012 non gode di buon riscontro il mio tipo di ristorazione ed il mestiere resta molto impegnativo. Effettivamente è in questo periodo che non ne vale tanto la pena se si esclude il fatto che questo è l’unico mestiere che so fare e, come dice una mia cara amica, la vita ci riserva sempre difficoltà e compromessi da affrontare ma di tanto in tanto essa ci offre qualche raggio di sole! Come una ricompensa! Come questo mio mestiere! Non basterebbe tutto il tuo spazio se dovessi ringraziare coloro che mi hanno fatto crescere professionalmente! Ma qualcuno lo voglio menzionare. -Mia madre e mia moglie che per prime hanno creduto nella mia scelta di riversare ogni mia passione in questo ristorante, mettendosi a mia totale disposizione! -Mio padre che senza volerlo mi ha insegnato molto, anche ad essere un commerciante! -Parecchi dei miei collaboratori! Alcuni straordinari, altri semplicemente felici di seguire insieme a me questo percorso! -Diversi colleghi francesi che mi hanno indicato per primi quanto fossero strettamente legati tra loro il piacere del cibo con il piacere dell’ambiente in cui esso viene consumato. -Luigi Veronelli che ho vissuto come un faro di riferimento in parecchie delle mie scelte professionali! -Gualtiero Marchesi che ha gettato per primo il sasso nello stagno della cucina italiana! A questo proposito ricordo con piacere il pensiero di un caro amico gourmet: “Quelli della tua generazione hanno vissuto un periodo felice e anche facile! Voi avevate due grandi figure di riferimento per il vostro mestiere: Veronelli e Marchesi! Oggi i tuoi giovani colleghi disperdono le loro attenzioni su troppi enologi e troppi chef di cucina. E spesso sono confusi…” .

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Intervista a cura di Monica Palla