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Giuseppe Santamaria: un italiano a Barcellona

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Dopo essere stata all'Ohla Boutique Bar all'interno del Mandarin Oriental di Barcellona e aver visto lavorare Giuseppe Santamaria, non ho potuto fare a meno di intervistare questo grande barman italiano che prima di arrivare in Spagna è passato per Londra e nel 2012 ha anche partecipato a World Class. Ecco a voi quello che ci ha spiegato sulle sue esperienze, il suo presente e le sue opinioni sul futuro della mixologist.

A livello di cultura del bere, che tipo di città era Londra quando ci sei arrivato tu 20 anni fa?

Quando arrivai a Londra negli anni ‘90, mi ritrovai in una città in pieno fermento, tanto che mi sentirei di affermare che fu il periodo dove si visse una seconda epoca d'oro del cocktail. I cocktail erano popolari non solo negli alberghi di lusso, ma anche nei bar di strada dove la figura del barman era meno classica, ma con uno stile ‘freestyle’. Ogni giorno si aprivano nuovi cocktail bar e club privati che proponevano preparazioni di drink elaborati con forte tendenza ad utilizzare ingredienti di qualità, come frutta fresca e spezie, e tecniche di infusione e ingredienti home made scelti nei grandi mercati piú conosciuti della cittá. Fu l´epoca in cui alcune delle nuove invezioni di cocktail diventarono popolari ed entrarono a far parte della leggenda, visto che vennero proposte da grandi maestri: tanto per citarne alcuni, il Bramble di Dick Bradsell, il Breakfast Martini di Salvatore Calabrese e il Porno Star Martini di Douglas Ankrah.

Mi ritengo  fortunato ad avere vissuto a Londra in quegli anni e ad aver lavorato in alcuni dei locali più prestigiosi del periodo, come l’Atlantic bar, il The 10 Room, il Match bar, il LAB, il Thownhouse, il Dusk bar. Londra a quei tempi stava vivendo esattamente quello che sta vivendo il resto d´Europa in questi anni, ovviamente con concetti differenti. Da non dimenticare è che questa città non finisce mai di stupire e che non c’è dubbio che sia la capitale europea del cocktail, grazie anche ai grandi Maestri e professionisti italiani.

Qual è stato il più grande insegnamento che ti ha lasciato quell’esperienza e come mai alla fine hai deciso di spostarti?

Sicuramente che non si finisce mai di imparare, ogni giorno si assimila qualcosa di nuovo, specialmente sull’importanza della passione e della costanza nel proprio lavoro. Decisi di spostarmi per fare una nuova esperienza e avere l'opportunità di conoscere altre culture del bere, come quella di Barcellona, e quindi per ampliare il mio livello professionale.

Molti barman hanno un ‘guru’ a cui si ispirano o un maestro che ne ha segnato la carriera: anche per te è così? 

Certo, durante la mia carriera ho avuto l'opportunità di lavorare e ispirarmi a diversi guru e colleghi, ma se dovessi sceglierne uno solo, da buon italiano, sceglierei il "Maestro", Salvatore Calabrese, per la sua eleganza, personalità, fascino e spettacolarità.

Quali sono i pro e i contro di lavorare in un locale come l’Ohla, all’interno di un hotel che fa parte di una catena importante come quella del Mandarin Oriental, e soprattutto in una città come Barcellona?

Il vantaggio è che il bar si trova in un hotel a 5 stelle al centro di Barcellona, situato in Via Laietana, una delle vie principale della cittá, e quindi, essendo una grande vetrina, si ha maggiore visibilità. Nel nostro hotel c’è anche un ristorante di lusso con una stella Michelin, nel quale possiamo collaborare con lo chef per facilitare l’utilizzo d’ingredienti e prodotti di alta qualità e spesso costosi. Naturalmente, essendo un hotel a 5 stelle, la clientela è internazionale e abbastanza esigente, famigliare con il mondo dei cocktail, costituita da persone che apprezzano e avvalorano facilmente la nostra professione.

Lo svantaggio, come in tanti altri grandi hotel, è che bisogna seguire una serie di regole e procedure amministrative, come il processo degli ordini di servizio e altre dinamiche che non sono così semplici da rispettare come in un piccolo bar.

Sappiamo che il drink che gli spagnoli prediligono è il Dry Martini, ma qual è il tuo cavallo di battaglia? C’è una tecnica con cui preferisci realizzare i drink o un distillato che tendi a miscelare più spesso?

Barcellona è sempre stata famosa per i cocktail classici come il Dry Martini, il Whisky sour, il Daquiri, e altri ancora, ma il mio cavallo di battaglia é il Bloomsbury Fizz, uno dei cocktail più richiesti all’Ohla Boutique Bar, a base di gin e formato da 3 strati di diversi colori e sapori, realizzato utilizzando la tecnica layer. È uno dei cocktail più riconosciuti a livello internazionale, inventato per la competizione World Class. Elencato come un nuovo classico tra i ‘30 of the best cocktails invented since 2000’, nella Diffords Guide e pubblicato anche nel libro di Gary Regan 101 best new cocktails.

Mi piace usare diverse tecniche per diverse preparazioni di cocktail, sempre cercando di stare al passo con le ultime tendenze. Lavorando a Barcellona, ovviamente, ho una grande passione per la tecnica del “throwing”. In ogni caso, la tecnica che utilizzo varia in base al distillato, o ai distillati, che miscelo. I miei preferiti sono Whisky, Mezcal e Gin.

Com’è cambiato il tuo lavoro dopo l’esperienza di World Class?

Nella mia vita e nel mio lavoro, World Class ha segnato un prima e un dopo, diffondendo ancora di più la mia figura professionale di barman a livello globale.

Dopo la gara, ogni giorno è diventata una sfida. All’Ohla Hotel abbiamo clienti da tutto il mondo che scelgono il Boutique Bar perché entusiasti di provare i cocktail vincitori, nuove creazioni e godere dal vivo di questa grande esperienza che è il “World Class moment”, dove vengono serviti dal Best World Class bartender. Fare parte del world class Program in Spagna ed Europa come master trainer e giurato, mi dà la possibilitá di viaggiare spesso e mostrare il mio talento in giro per il mondo, di conoscere nuovi professionisti e colleghi, ed essere avvantaggiato nell’imparare più velocemente nuove tecniche e nuove tendenze.

Se non lavorassi all’Ohla, in Spagna, in quale locale o nazione ti vedresti?

In un mio locale.

Quale pensi che sia il passo più importante da affrontare per un giovane che intenda crescere in questo settore?

Sviluppare il proprio stile senza copiare.

Sei d’accordo che questo sia il momento della rivincita del bartending nell’hotellerie, ambiente in cui sono stati creati i primi cocktail e in cui è nata questa professione?

Semplicemente, credo che si stia vivendo il momento in cui questa professione sta iniziando ad ottenere il valore che le spetta, così come i barman iniziano a essere riconosciuti come grandi professionisti e non ‘signori delle feste’ che servono da bere .

Nonostante gran parte dei migliori bartender al mondo siano italiani, molti di loro lavorano all’estero perché la crescita è più semplice e viene dato il giusto valore alla mixologist. Ultimamente però si sta avvertendo un miglioramento consistente anche nel nostro Paese, grazie a nuove competizioni, maggiori eventi e titoli riconosciuti a livello internazionale. Ecco, cosa pensi che manchi all’Italia per mettersi al pari di grandi realtà come Londra e gli Usa?

In Italia, come in altri Paesi, il cocktail sta attraversando un forte sviluppo, grazie all’aiuto delle principali marche di bevande e alcolici che stanno facendo un ottimo lavoro. Penso che manchino però iniziative di business di grandi investitori che diano pienamente fiducia al barman per quanto riguarda lo svolgimento del lavoro dietro al banco, fornendo le attrezzature adeguate, e scegliendo di investire su veri professionisti, senza dare tutta l’importanza solo all’estetica del locale.

Come pensi che cambierà il mondo del bartending nei prossimi anni?

Penso che il mondo del bere sia in  piena evoluzione, e stia mantenendo la stessa linea di quello culinario. Credo che tali cambiamenti stiano portando a un mondo di Master chef e Liquid chef. Il futuro darà la possibilità di lavorare in modo molto artistico, ne sono certo.